Lente - Mostra

Lentamente andare. É ciò a cui costringe la neve. E nell'andar lenti anche lo sguardo si muove con un altro respiro. E ad altri respiri sono costrette le nari, che attraversano l'aria pungente in cui rieccheggiano odori più puntuti: la legna che arde, gli aghi dei pini, da noi - sulla spiaggia - il salmastro non più contrastato dall'odore della sabbia, che giace coperta sotto al manto compatto innevato.

Anche i suoni colpiscono i timpani in maniera differente: li percepiamo lontani e ovattati. In questa dimensione rarefatta e pulita viene quasi da parlare sottovoce, noi, che non siamo più abituati ad abitare il silenzio. 

Lente: l'oggetto attraverso cui Giorgio ci accompagna in questa passeggiata, e pone il nostro sguardo su una Rimini totalmente altra, un oggetto che potrebbe apparire limitativo per lo sguardo e diventa invece educativo, amplificandolo.

Onirica, come in un sogno, opposta a tutto ciò che l'immaginazione di chi non la conosce, scatena al suono del suo nome: Rimini usualmente sinonimo di una città ridanciana, solare, godereccia e, per questo, anche un po' ruffiana.

Rimini che è invece, per chi da qui proviene - come perfettamente ha mostrato Fellini - luogo intimista, nebbioso, etero, avvolto da una malinconia dolce ma mai appagata, che solo chi passeggia davanti al mare in inverno, ha tra i registri del suo animo. 

"Festina Lente" recita l'antico adagio: un peretto ossimoro di questa terra.

 

Mila Fumini